SPALLA
dr. luca marinoni
LESIONE CDR (CUFFIA DEI ROTATORI)
Anatomia
La cuffia dei rotatori è costituita da un insieme di tendini che rivestono la testa dell’omero a livello dell’articolazione della spalla.
I tendini della CDR sono suddivisi in:
- Extrarotatori: sovraspinoso, sottospinoso e piccolo rotondo
- Intrarotatori: sottoscapolare.
La funzione della cuffia dei rotatori è di:
- Consentire la rotazione interna ed esterna dell’arto superiore
- Contribuire all’esecuzione di tutti i movimenti dell’arto superiore
- Stabilizzare attivamente l’articolazione della spalla
Modalità di lesione
Ci sono due modalità di lesione:
- ACUTA: caduta su braccio teso o movimento brusco (es. sollevare un peso con movimento a strappo)
- CRONICA: di gran lunga le più frequenti, sono il risultato di un logoramento del tendine che avviene lentamente nel tempo. Questa degenerazione si verifica naturalmente con l’avanzare dell’età e sono più comuni nel braccio dominante
Diversi fattori contribuiscono alle lesioni della cuffia dei rotatori degenerative o croniche:
- Stress ripetuti: Ripetendo più volte gli stessi movimenti della spalla si sollecitano i muscoli e i tendini della cuffia dei rotatori. Il baseball, il tennis, il canottaggio, il culturismo sono esempi di attività sportive che possono mettere in pericolo i tendini della cuffia dei rotatori della spalla. Ma anche molti tipi di lavoro che comportano le continue sollevazioni della spalla verso l’alto e semplici faccende di routinepossono causare rotture da uso eccessivo
- La mancanza di afflusso di sangue: Col passare degli anni, l’afflusso di sangue nei nostri tendini della cuffia dei rotatori diminuisce. Senza un buon apporto di sangue, la capacità naturale del corpo di riparare i danni del tendine è compromessa. Questo in ultima analisi può portare ad una rottura del tendine
- Presenza di osteofiti: Con l’avanzare dell’età, speroni ossei (crescita eccessiva delle ossa) spesso si sviluppano sulla parte inferiore dell’acromion. Quando eleviamo il nostro braccio, gli osteofiti strofinano contro i tendini della cuffia dei rotatori. Questa condizione, chiamata impingement o conflitto subacromiale della spalla, nel tempo indebolirà il tendine della cuffia dei rotatori e renderà più probabile la sua rottura
Tipi di lesione
- PARZIALE: quando il tendine non è completamente lacerato
- TOTALE: quando vi è una lesione a tutto spessore con disinserzione ossea e formazione di un «buco»
- MASSIVA: sono lesioni che si estendono a più di due tendini della cuffia; ciò determina una risalita della testa omerale verso l’acromion
Sintomi
I sintomi più comuni di una rottura della cuffia dei rotatori sono:
- Il dolore a riposo e di notte, in particolare se si dorme sulla spalla malata
- Il dolore durante il sollevamento e l’abbassamento del braccio o durante movimenti
- Debolezza durante il sollevamento o la rotazione del braccio
- Crepitio o sensazione rumorosa quando si muove la spalla in certe posizioni
Diagnosi
La diagnosi di lesione della CDR si basa su criteri di valutazione soggettivi quali dolore a riposo esacerbato nelle ore notturne ed oggettivi legati all’esecuzioni di test specifici quali Test di Jobe, Napoleon test, Test Lift-off, Test di Patte, Test di Yocum etc..
La Radiografia convenzionale con esecuzione di un proiezione AP vera in rotazione neutra, esterna ed interna può evidenziare segni indiretti di patologia della cuffia dei rotatori: sclerosi subacromiale, erosioni, geodi e sclerosi della grande tuberosità, alterazioni degenerative e osteofiti dell’acromion-claveare, calcificazioni dei tessuti molli.
È possibile inoltre valutare la distanza acromion-omerale cioè tra il margine inferiore dell’acromion e la testa dell’omero (in rotazione neutra). Uno spazio inferiore a 7 mm, con risalita della testa, è indice di una probabile rottura di cuffia.
L’Ecografia rappresenta un’utile metodica, non invasiva e a basso costo, da utilizzare come indagine di screening, con ottima sensibilità e specificità nel riconoscere e quantificare le lesioni a tutto spessore del sovraspinato.
Tuttavia nei confronti delle lesioni parziali del sovraspinato, del sottospinato e delle lesioni isolate del sottoscapolare presenta una minore affidabilità.
La Risonanza Magnetica Nucleare (RMN) rappresenta il gold standard dell’imaging per lo studio della spalla.
Essa infatti ha un’ottima efficacia per la diagnosi di lesione e per la stima delle dimensioni delle lesioni a tutto spessore.
Inoltre permette di valutare importanti parametri morfologici pre-operatori di una rottura di cuffia: retrazione e qualità tendinea, atrofia e degenerazione grassa della componente muscolare (quantità di infiltrazione adiposa del ventre muscolare che dipende dalle dimensioni della lesione).
Trattamento
Il trattamento delle lesioni della CDR si basa su terapie conservative quali terapie fisiche, fisiokinesiterapia e terapie infiltrative e trattamento chirurgico che si esegue in artroscopia.
Le terapie conservative tuttavia vanno ad agire sugli effetti della patologia (dolore – limitazione funzionale) e non sulla causa (alterazione anatomica) portando in alcuni casi a risultati parziali ed assolutamente transitori.
Una lesione della cuffia dei rotatori non trattata chirurgicamente può in alcuni casi portare, nel corso degli anni, ad una lesione ampia non riparabile con la necessità di interventi chirurgici di salvataggio come le trasposizioni muscolari o addirittura ad interventi sostitutivi di protesi di spalla inversa.
L’intervento chirurgico viene eseguito in artroscopia pertanto non risulta necessario aprire l’articolazione della spalla ma sono sufficienti poche piccole incisioni per l’accesso all’articolazione. È possibile visualizzare e valutare tutte le strutture endoarticolari e sottoacromiali e di conseguenza trattare le lesioni della cuffia dei rotatori.
L’obiettivo dell’intervento chirurgico è quello di riportare il tendine lesionato alla sua sede di inserzione all’osso della testa omerale e fissarlo. I sistemi più comuni di ancoraggio sono rappresentati da “ancorette” di vari materiali che si avvitano o si impiantano a pressione nell’osso e a cui sono attaccati dei fili con i quali si sutura e si riporta in sede il tendine.
Generalmente noi utilizziamo ancorette di solo filo, in modo da ridurre ulteriormente l’invasività chirurgica.
L’anestesia praticata per questo tipo di intervento nella maggior parte dei casi è un blocco periferico (interscalenico).
INSTABILITÀ DI SPALLA
Anotomia
L’articolazione gleno-omerale (spalla) è l’articolazione più mobile del corpo umano che consente di spostare agevolmente il braccio nello spazio circostante.
L’ampia escursione articolare è favorita dalla modesta congruenza dei capi articolari ma ciò la espone a problemi di stabilità.
L’articolazione della spalla è formata da due capi articolari: la testa omerale e la glenoide della scapola uniti dalla capsula articolare che è rinforzata nella parte anteriore e inferiore da tre legamenti gleno-omerali. La congruenza tra i due capi articolari è migliorata dalla presenza del cercine glenoideo (anello fibro-cartilagineo al margine della cavità glenoidea della scapola) che rende la superficie glenoidea più continente.
La contrazione attiva della muscolatura circostante e delle strutture tendinee quali la cuffia dei rotatori ed il capo lungo del bicipite brachiale permettono una stabilità dinamica.
L’instabilità gleno-omerale pertanto è il risultato di un’inadeguatezza degli stabilizzatori statici e dinamici della spalla in seguito alla quale si può verificare uno o plurimi episodi di lussazione (perdita definitiva dei rapporti articolari tra testa dell’omero e glena).
Classificazione
Numerose sono le classificazioni dell’instabilità di spalla che sono state proposte; esse si basano su: grado di instabilità, direzione, frequenza e cause dell’instabilità stessa.
Schematicamente l’instabilità della spalla può essere di due tipi:
- post-traumatica: dopo un evento traumatico si ha la perdita completa o parziale (sublussazione) dei rapporti articolari tra testa omerale e glenoide
- di natura idiopatica, dovuta a un’eccessiva elasticità-lassità delle strutture capsulo-legamentose
Esiste inoltre negli sportivi un tipo di instabilità definita “microtraumatica” cioè dovuta alla ripetizione di un gesto atletico ai gradi estremi dell’escursione articolare. Questo, nel tempo, provoca delle piccole lesioni delle strutture stabilizzatrici articolari, determinando una micro-instabilità che rende la spalla inefficiente a eseguire il gesto atletico ai massimi livelli.
Ad oggi la tipologia di instabilità più frequentemente riscontrata è l’instabilità anteriore postraumatica.
Sintomi
I sintomi caratteristici dell’instabilità di spalla sono:
- Dolore associato a limitazione della funzione della spalla specie ai gradi estremi
- Sensazione d’instabilità percepita dal paziente durante l’esecuzione di determinati movimenti
- Episodi di lussazioni ricorrenti
Diagnosi
La diagnosi di instabilità si basa innanzitutto su un corretta anamnesi del paziente volta ad indagare eventuali eventi traumatici, il numero di episodi di lussazione, la sintomatologia dolorosa e le sensazioni soggettive di instabilità percepite dal paziente.
L’anamnesi deve essere associata all’esecuzione di test specifici eseguiti dall’ortopedico e ad un’accurata indagine strumentale.
Ad oggi il gold standard per la valutazione corretta dell’instabilità di spalla risulta essere la RMN o l’artro-RMN.
Da un punto di vista pratico risulta essere importante distinguere un’ instabilità vera da una ideopatica (associata a lassità) che non necessariamente è un spalla instabile o sintomatica.
Trattamento
Il trattamento dell’instabilità di spalla si basa su terapie conservative fisiokinesiterapiche e trattamento chirurgico.
Le terapie conservative tuttavia vanno ad agire sugli effetti della patologia (dolore – limitazione funzionale) e non sulla causa (alterazione anatomica) portando in alcuni casi a risultati parziali con rischio di eventuali successivi episodi lussativi.
Nella grande maggioranza dei casi l’intervento viene eseguito in artroscopia; ciò permette di non aprire l’articolazione ma sono sufficienti poche piccole incisioni per l’accesso all’articolazione con un recupero post operatorio più rapido ed una minore incidenza di infezioni.
Lo scopo dell’intervento chirurgico è quello di permettere il ripristino della normale stabilità dell’articolazione gleno omerale e di riparare eventuali danni anatomici associati (cuffia dei rotatori, disinserzioni del cercine, etc…) con conseguenze positive sul dolore e sulla ripresa della funzionalità della spalla.
Durante l’intervento chirurgico si procede a reinserie il cercine glenoideo e ritensionare la capsula articolare (capsular shift) attraverso punti di sutura fissati al margine della glenoide con ancorette riassorbibili; ciò consente inoltre di ricentrare la testa dell’omero nella glenoide ristabilendo così un’adeguata congruenza articolare.
Nella maggior parte dei casi, l’anestesia praticata per questo tipo di intervento è un blocco periferico (interscalenico).
Nel caso in cui, ripetuti episodi di lussazione portano alla formazione di difetti ossei omerali e glenoidei non è possibile eseguire il trattamento chirurgico in artroscopia; pertanto in tali situazioni bisogna ricorrere ad interventi chirurgici di stabilizzazione a cielo aperto (Tecnica di Latarjet).
Decorso post-operatorio
Al termine dell’intervento chirurgico viene posizionato un tutore (Ultrasling 15°) per mantenere la spalla operata nella posizione ottimale.
Normalmente il paziente viene dimesso il giorno successivo l’intervento ed i punti di sutura vengono rimossi dopo circa 8/10 giorni.
Il programma riabilitativo inizia alla rimozione del tutore dopo circa 30 giorni ed è di fondamentale importanza per un corretto recupero articolare e funzionale.
LUSSAZIONE ACROMION-CLAVEARE
Definizione
La lussazione acromion-claveare è una lesione traumatica della spalla che determina una rottura parziale o totale dei legamenti coraco-claveari e coraco-acromiali.
Il meccanismo traumatico più frequente è una caduta diretta sulla spalla con braccio in posizione addotta.
Classificazione
Il sistema di classificazione ad oggi più comunemente utilizzato è quello basato sulla gravità delle lesioni proposto da Rockwood in cui si distinguono sei tipi di lesioni.
Tipo I
Non è presente una deformità visibile. È una distorsione dell’articolazione acromion-clavicolare senza una lesione completa dei legamenti acromion-clavicolari o dei legamenti coraco-clavicolari e l’articolazione rimane stabile. Le radiografie appaiono normali.
Tipo II
Nel tipo II, risulta presente una lesione dei legamenti acromion-clavicolari mentre rimangono intatti i legamenti coraco-clavicolari. Potrebbe esserci un leggero spostamento verso l’alto dell’estremità distale della clavicola ma non superiore al bordo dell’acromion.
Tipo III
Vi è una rottura di entrambi i legamenti acromion-clavicolari e coraco-clavicolari, causando una completa dislocazione dell’articolazione. L’estremità distale della clavicola è spostata superiormente, sopra il bordo dell’acromion.
Tipo IV
la parte distale della clavicola si disloca posteriormente in relazione all’acromion.
Tipo V
I legamenti e le inserzioni muscolari sono interrotti e la clavicola e l’acromion sono ampiamente separati. Questa dislocazione è simile a quella di tipo III ma più severa e l’articolazione non è riducibile.
Tipo VI
È rara; i legamenti sono interrotti e l’estremità distale della clavicola è dislocata, nella maggior parte dei casi, inferiormente al processo coracoideo.
Sintomi
La sintomatologia è caratterizzata da dolore locale associato a deformità del profilo acromion-claveare in relazione alla tipologia di lesione.
La muscolatura del cingolo scapolare va generalmente incontro a contrattura antalgica.
Diagnosi
La diagnosi di lussazione acromion-claveare si basa innanzitutto su un corretta anamnesi del paziente volta ad indagare eventuali eventi traumatici, la sintomatologia dolorosa e le sensazioni soggettive di instabilità percepite dal paziente.
L’anamnesi deve essere associata all’esecuzione di test specifici eseguiti dall’ortopedico (“tasto del pianoforte”) e ad un’accurata indagine strumentale.
La radiologia convenzionale con esecuzione di radiografie in diverse proiezioni è determinante nella diagnosi di lussazione acromion-claveare. Inoltre per valutare l’instabilità articolare è utile porre un peso in ciascuna mano effettuando radiografie comparative bilaterali.
Trattamento
La scelta del trattamento della lussazione acromion-claveare (conservativo o chirurgico) dipende da numerosi fattori tra cui, ad esempio, l’età del soggetto, la gravità dei sintomi, l’entità della lesione e il livello di attività del paziente.
Il trattamento conservativo non ripristina l’anatomia dell’articolazione, ma ha come obiettivi principali la riduzione del dolore, il recupero della forza e del range completo di movimento.
Si basa generalmente su adeguata terapia analgesica-antiflogistica, posizionamento di un tutore di immobilizzazione seguito da un corretto programma di riabilitazione.
Il trattamento chirurgico ha lo scopo di ristabilire il più possibile la normale anatomia delle strutture coinvolte.
Generalmente si tende a porre indicazione chirurgica dalle lesioni di III tipo in cui la deformità anatomica risulta maggiormente evidente.
Esistono varie procedure chirurgiche di riduzione e stabilizzazione della lussazione acromion-aclaveare.
Da alcuni anni utilizziamo una tecnica mini-invasiva che permette di ridurre la lussazione e ripristinare anatomicamente le strutture lesionate.
Dopo l’intervento viene consigliato l’utilizzo di un tutore per 6 settimane. Durante questo periodo è consentito mobilizzare gradualmente la spalla con l’aiuto di un fisioterapista.
Alla rimozione del tutore il paziente seguirà un adeguato programma di riabilitazione
La ripresa della guida è possibile dopo 2 mesi dall’intervento, mentre la ripresa delle attività lavorative è possibile dopo 1-2 mesi a seconda della professione del paziente. La ripresa delle attività sportive è consigliata dopo 4-6 mesi.
OMARTROSI (Artrosi di Spalla)
Si distinguono due tipi di omartrosi:
- Omartrosi eccentrica: è la causa più frequente di protesizzazione della spalla ed è rappresentata dall’artropatia gleno-omerale a seguito di lesione massiva della cuffia dei rotatori
- Omartrosi concentrica: l’artrosi gleno-omerale è caratterizzata da una usura delle cartilagini articolari della glenoide e della testa dell’omero; tra i fattori predisponenti lo sviluppo di artrosi vi è l’artrite reumatoide ed i postumi di fratture a carico di uno dei due distretti articolari interessati. L’usura delle cartilagini articolari comporta inevitabilmente dolore alla spalla con conseguente limitazione funzionale.
Sintomi
i principali sintomi della omoartrosi sono:
- Dolore
- Rigidità articolare con limitazione ai movimenti
- Versamento articolare
- Ipotonotrofia muscolare
Il quadro clinico è inizialmente dominato dal dolore sordo ed a insorgenza graduale durante i movimenti. Successivamente il dolore può diventare notturno ed accompagnarsi a frequenti versamenti articolari.
Si ha una rigidità ed una limitazione nei movimenti della spalla durante lo svolgimento delle attività quotidiane.
In fase avanzate il profilo articolare è irregolare per la presenza di osteofiti e si avverte un’intensa dolorabilità accompagnata a crepitii al movimento.
Il dolore ai movimenti e la limitazione articolare determina alla lunga una significativa perdita della massa muscolare.
Diagnosi
La diagnosi di omartrosi si basa inizialmente sulla valutazione di aspetti anamnestici quali dolore a riposo esacerbato nelle ore notturne, rigidità e limitazione ai movimenti.
L’anamnesi deve essere integrata da un corretto esame obiettivo, eseguito dallo specialista ortopedico con l’esecuzione di test specifici, e da esami strumentali.
La radiografia standard nelle 2 proiezioni è senza dubbio la più utile per la diagnosi e per la valutazione del grado dell’artrosi.
Nei pochi casi dubbi si può far ricorso ad altri esami più sofisticati quali la TAC o la Risonanza Magnetica.
Trattamento
Il trattamento dell’omartrosi si basa su terapie conservative quali terapie fisiche, fisiokinesiterapia e terapie infiltrative e trattamento chirurgico.
Le terapie conservative tuttavia vanno ad agire sugli effetti della patologia (dolore – limitazione funzionale) e non sulla causa (alterazione anatomica) portando in alcuni casi a risultati parziali e transitori.
Il trattamento chirurgico nei casi di omartrosi è la sostituzione protesica.
Protesi di spalla
Tra gli interventi di sostituzione protesica i più importanti sono:
L’artroprotesi anatomica, utilizzata nei casi di omartrosi concentrica in cui gli stabilizzatori della spalla sono ancora integri; essa cerca di riprodurre il più fedelmente possibile l’anatomia normale della spalla (una sfera costituisce la testa omerale e una superficie concava sostituisce la glena scapolare concava).
L’artroprotesi inversa, utilizzata nei casi di omartrosi eccentrica in cui gli stabilizzatori della spalla non sono più in grado di mantenere dinamicamente centrata la testa omerale; in questa protesi le convessità e le concavità articolari vengono invertite (una sfera di metallo viene fissata alla glena scapolare e una superficie concava sostituisce la testa omerale).
Nell’esecuzione di tale intervento utilizziamo un accesso chirurgico deltoideo pettorale con un’incisione di circa 10 cm. Giunti a livello dell’articolazione si procede all’ asportazione della testa dell’omero ed alla preparazione della cavità glenoidea e del canale omerale che in seguito ospiteranno le componenti protesiche. Intra-operatoriamente vengono eseguite le prove di stabilità e di funzionalità articolare.
L’intervento chirurgico viene eseguito in anestesia generale associato ad un’anestesia selettiva utile per l’analgesia postoperatoria.
Decorso post operatorio
Nei giorni successivi all’intervento chirurgico il paziente può iniziare una cauta mobilizzazione della spalla.
La dimissione avviene in 5° giornata, mentre i punti di sutura verranno rimossi dopo circa 14 giorni.
L’arto viene mantenuto libero in assenza di tutore e viene iniziato un programma riabilitativo immediato.
A distanza di 30 giorni circa, si effettuerà controllo radiografico e visita ortopedica. Tali controlli saranno ripetuti a 6 e12 mesi e quindi una volta ogni anno.